ELOHIM E THEOI 3

 

Nei saggi precedenti ho cercato di mettere in luce il rapporto tra Elohim e theoi, per cancellare quei possibili confini che nel corso di millenni si sono delimitati.

In questo scritto, sulla base delle precedenti ricerche affronterò temi discussi e controversi come l’apeiron, il significato dell’Egida rapportata all’arca dell’alleanza e lo strano concetto di automatismo reso noto da Efesto.

Direi di iniziare con l’άπειρον, che secondo diversi filosofi è proprio l’inizio di tutto, sarebbe però più corretto parlare di ήπειρος che sarebbe il termine dorico da cui poi nasce il suddetto άπειρον.

L’apeiron viene figurato come infinito, definizione probabilmente sbagliata ( o comunque parziale; il termine da cui infatti deriva (cioè ήπειρος) indica la polvere, la terra, un elemento molto più fisico dell’infinito e certamente molto più sensato; infatti sia Talete che Anassimene parlando dei corpi celesti li definiscono “astri terrosi” consapevoli del fatto che sono tali.

Questa terra generatrice la troviamo anche in un contesto biblico, nella creazione, e nonostante il divario di secoli e chilometri il termine rimane simile:

-in semitico APAR
-in accadico EPER
-in ebraico AFAR

Giovanni Semerano nel suo libro: “Infinito:un equivoco millenario” parla del termine ήπειρος come vittima della confusione, infatti solo nel tempo gli viene aggiunto l’articolo neutro (το) che indica la confusione, in origine aveva un significato ben chiaro.

Nella Bibbia, più precisamente nella Genesi vediamo Yahweh creare il gruppo degli Adam con la terra (Gen 2,4-12):

                                                                                                                                                    יהרה           אלהים           אח           הארם               עפר

                                                                                                                                                   polvere          Adam il        elohim       Yahweh         E formò

 

L’Egida nell’immaginario collettivo è figurato come uno scudo, fatto con la pelle della capra Amaltea.

Tuttavia l’ipotesi dello scudo regge poco, anche se questa definizione viene data nell’Iliade stessa, vediamo poi che si ha un uso molto più distruttivo di uno scudo.

Zeus viene definito signore dell’Egida, poiché suo possessore ufficiale, ma vediamo anche altri theoi usare questo strumento distruttivo, come Atena e Apollo.

Nel corso dei secoli si sono succedute diverse ipotesi su questo strumento, la più accreditata è quella di Eschilo, lui infatti ipotizza si trattasse di una nube tempestosa, c’è somiglianza tra il termine: αιξ, αιγος e καταιγίς che vuol dire nube tempestosa.

Spesso infatti Zeus usa l’egida per scatenare tempeste agitandola,  esattamente come abbiamo visto fare con la folgore e i vari mezzi di locomozione che theoi ed elohim utilizzano per spostarsi.

La possibile radice di questo termine è AGJ, letteralmente vuol dire muovere tortuosamente (AG) dritto in avanti (J), ci da quindi l’idea di una tromba d’aria o più banalmente di una tempesta.

Strumento simile è l’arca dell’alleanza, questa “arca” spesso veniva utilizzata come deus ex machine, l’asso da giocare in una battaglia poco favorevole.

Molte volte il potere dell’arca ha distrutto città, scatenato pandemie ed incenerito uomini (Sam 5,6):

 

Fatti perciò radunare tutti i capi dei Filistei, dissero:<<Mandate via l’arca del “Dio” (sarebbe più corretto mantenere il termine originale El) d’Israele!>>. Infatti si era diffuso un terrore mortale in tutta la città, perché la mano di Dio (Yahweh) era molto pesante. Quelli che non morivano erano colpiti da bubboni e i lamenti della città salivano al cielo.

 

L’arca oltre questo potenziale distruttivo, ha anche un legame particolare con Yahweh, infatti lui la tiene spesso sotto controllo, anche scortandola nei viaggi mentre cavalca i cherubini e incenerendo chiunque le si avvicini, come Uzza che dopo averla toccata fu arso sul posto.

Vediamo spesso l’arca occupare un posto fisso nella società nomade a cui apparteneva, poteva mancare tutto nella carovana meno che la tenda del convegno, che quando Yahweh occupava era inagibile agli altri (Es 40,38):

 

בי ענן יהזה על-המשבן יומם ואש חהיה לילה בו לעיני בל ביח-ישראל בבל-מסעיהם

Poiché la nube divina era sul tabernacolo di giorno, e durante la notte vi era in essa fuoco agli occhi di tutta la casa d’Israele durante tutti i loro viaggi.

 

L’ultimo argomento che vorrei affrontare riguarda l’automatismo di Efesto, infatti, nel diciottesimo canto dell’Iliade Teti si reca da Efesto per commissionargli un lavoro, ma nella scena vediamo anche un progetto sul quale lavorava il fabbro degli “dei” (Il 18):

 

E Teti piedi d’argento giunse a casa d’Efesto,

stellata, indistruttibile, distinta fra gli immortali,

bronzea che da se stesso aveva fatto lo Zoppo.

E lo trovò sudante, che girava tra i mantici,

indaffarato; venti tripodi in una volta faceva,

da collocare intorno alle pareti della sala ben costruita;

ruote d’oro poneva sotto ciascun piedistallo,

perché da soli entrassero nell’assemblea divina,

poi tornassero a casa, meraviglia vedersi.

 

Vediamo Efesto costruire delle sedie che si muovono da sole, poi nel momento del bisogno viene aiutato da delle ancelle, queste ancelle non sono altro che automi (Il 18):

 

Disse, e il mostro ansante si scostò dall’incudine

zoppicando; sfruttavano, sotto, le gambe sottili.

Pose i mantici fuori dal fuoco, e tutti gli attrezzi

con cui lavorava raccolse nella cassa d’argento;

con una spugna e si asciuga il viso e le mani

e il collo robusto e il petto peloso,

vestire la tunica, prese il grosso bastone e venne fuori

zoppicando; due ancelle si affaticavano a sostenere il signore,

auree, simili a fanciulle vive;

avevano mente nel petto e avevano voce

e forza, sapevano l’opere per dono dei numi immortali;

queste si affaticavano a sostenere il signore; etc….

 

Queste “ancelle” che aiutano Efesto non sono altro che automi, in termini anglofoni li chiameremmo robot.

Il concetto di automatismo è antico, l’uomo per sua tendenza cerca di avere potere sulla vita, abbiamo esempi di automi già nel III secolo a.C. con Filone di Bisanzio ed Ero e di Alessandria (I secolo).

L’unico oggetto automatico pervenuto ai giorni nostri è la: Macchina di Anticitera (circa (150-100),una sorta di calcolatore.

L’automatismo in occidente riaffiora solo nel Medioevo, ma torna in auge col Rinascimento, col famosissimo esempio del cavaliere di Leonardo.

Non ci sorprende vedere un automa ai giorni nostri, ma pensare che questi meccanismi esistevano già 5000 anni fa (o comunque 3000 anni prima del primo esempio) è affascinante.

 

Bibliografia 

F. Rendich, L’origine delle lingue indoeuropee, L’IE, 2018

Bibbia, EDB, 1974

A. Cerinotti, Atlante dei miti dell’antica Grecia e di Roma antica, DemetrA

Omero, Iliade e Odissea, Bur, 2014 

M. Biglino, Il falso testamento, Mondadori, 2016

G. Semerano, L’infinito: un equivoco millenario, 2001

Bibbia ebraica a cura di Rav Dario Disegni, Giuntina, 2020

 

Diego Volpe, 1C

 


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